Il mercato dell’oro, come quello diamanti è spesso intriso di sangue umano. Per i processi di estrazione e lavaggio sono utilizzati persone sottopagate, al limite del concetto di schiavitù. Inoltre, come se non bastasse, vengono utilizzati dei prodotti altamente tossici come il mercurio. Il metallo liquido, infatti, viene usato dai minatori per estrarre l’oro e dopo il suo utilizzo, inevitabilmente, viene disperso nell’ambiente, arrivando dritto alle città più vicine, a spese dei minatori e degli ignari abitanti. Non sono briciole: ogni anno vengono perse dalle 50 alle 100 tonnellate di mercurio durante il processo di estrazione.
Il numero degli occupati nel settore ammonta a circa 15 milioni, tra cui 4,5 milioni di donne e 600.000 bambini. Quando un bambino scende nella miniera, inizia a spaccare per ore le pietre in un caldo infernale, per riuscire a trovare, se va bene, circa 5 grammi d’oro ogni tonnellata di rocce smosse. Senza contare il pericolo più grande: l’instabilità delle pareti rese friabili dagli scavi.
In Colombia, secondo l’ultima stima governativa afferente al 2012, l’87% delle miniere d’oro erano illegali. Fuori controllo. Senza tutele né per i lavoratori né per l’ambiente. E proprio in Colombia è nata nel 2004 l’Alleanza per le miniere Responsabili (ARM – Alliance for Responsible Mining), un’iniziativa globale che ha sviluppato lo standard “Fairmined”, una certificazione che attesta la provenienza dell’oro da fonti ecosostenibili, dove sono rispettati i diritti, dal salario dei lavoratori alla salubrità delle pratiche estrattive e di setaccio dell’oro.
L’oro fairmined costa sul mercato circa il 25% in più rispetto alla norma: una percentuale importante, ma acquistandolo si contribuisce a ridurre l’importazione di un oro lavorato senza regole.
Per seguire da vicino la continua lotta della ARM consultate le pagine social dell’associazione su Facebook o LinkedIn.