Nel VII secolo a.C. nell’isola greca di Kos esisteva una importante comunità terapeutica. Merito che principalmente va ad Ippocrate. Definito come il padre della medicina moderna egli fu il primo a stabilire le origini naturali della malattia che fino a quel tempo era considerata esclusivamente come manifestazione di un volere divino. Ippocrate dunque rinforza il concetto che la responsabilità della malattia ricade sul soggetto in particolar modo e non sul volere divino. Egli formulò un metodo e e riunì le conoscenze che a quel tempo erano molto sparpagliate. Definì quelle che oggi sono conosciute come diagnosi e prognosi e fu il primo ad utilizzare le cartelle cliniche per tenere sotto osservazione il paziente. Ippocrate inoltre incorporò nella sua pratica di medico la Dottrina delle qualità (Caldo, Freddo, Secco, Umido), degli Elementi (Acqua, Terra, Aria, Fuoco) e degli Umori (Bile gialla o Collera, Sangue, Flemma, Bile nera o Melanconia). Secondo queste dottrine l’individuo è in buona salute quando in lui queste qualità sono in equilibrio. Quando una di queste va a prevalere sulle altre allora avremo sintomi e manifestazioni legate a quel particolare tipo di energia. (Tale concetto non è molto distante da quello elaborato dai cinesi nella Medicina Tradizionale Cinese, o da quella Tibetana, o dall’Ayurveda.) E’ interessante notare come l’intero Corpus Ippocraticum sia stato scritto in dialetto ionico mentre in quel periodo in grecia era molto diffuso invece il dialetto dorico. Il dialetto ionico veniva parlato prevalentemente nella città di Mileto, a quel tempo la città era un luogo di scambio tra la cultura greca e quella egizia. Non è strano quindi pensare che tali conoscenze siano arrivate in grecia tramite la civilità egizia. Inoltre la teoria dei 4 elementi appare già in testi Ittiti risalenti al II millennio a.C. Successivamente Galeno di Pergamo (nato nel 129 d.C. ) riprese queste teorie e proseguì i studi con un approccio metodico e minuzioso. Definì tre facoltà umane: la razionalità con sede nel cervello, la passionalità con sede nel cuore e l’appetitività con sede nel fegato. Galeno, come gli altri saggi dell’epoca credeva nell’esistenza del Pneuma, una sostanza vitale che scorre negli esseri viventi. Studiando il movimento del Pneuma nel corpo, fu in grado di definire i stadi fisiologici in cui gli Umori vengono a formarsi, riuscendo dunque a risalire spesso alla fonte della malattia. Galeno lavorava anche vivisezionando i cadaveri e questo lo portò a fare scoperte mediche tuttora utilizzate. Lavorò come medico di corte dell’imperatore Marco Aurelio ed un po’ per le sue teorie largamente approvate, un po’ per la posizione elitaria, le sue conoscenze sono state utilizzate in medicina fino al XVII secolo d.C. epoca in cui le teorie vennero smentite e il suo lavoro perse significato. Delle sue teorie possiamo dire che, seppur alcune si sono dimostrate non veritiere, molte altre sono ancora applicabili con successo. Un altro personaggio noto e molto conosciuto fù Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto anche Paracelso (XVI secolo d.C.). Paracelso contestò le affermazioni di Galeno, e di Aristotele prima di lui a proposito dei quattro elementi affermando che nell’uomo vi è riflessa solo l’immagine di questi elementi. Il corpo umano, affermò l’alchimista, è composto invece da tre elementi fondamentali: sale, mercurio e zolfo che vengono trasformati dagli spiriti della natura (derivanti appunto dai quattro elementi). Paracelso dunque, smentisce la teoria degli Umori, ed istituisce inoltre la teoria dei simili, già presente presso i primitivi e gli egiziani, secondo la quale una malattia può essere curata con la stessa sostanza da cui è stata causata. (Come viene fatto tutt’oggi con l’Omeopatia) Un altro apporto notevole di Paracelso, fù l’introduzione dei minerali per la cura delle malattie, a quel tempo venivano usate infatti esclusivamente piante e fitoestratti. Le opere di Paracelso racchiudono Alchimia, Astrologia e Filosofia segno che la buona Medicina non si basa unicamente sulla fisiologia del corpo ma spazia nella totalità dell’esistenza. Con l’arrivo del Materialismo nel 1600 d.C. l’alchimia iniziò a perdere il suo posto. Il materialismo afferma che il fondamento e la sostanza della realtà è la materia e che essa non è l’effetto di una qualche causa, questa teoria si pose in forte contrapposizione con le teorie dualistiche (materia-spirito) vigenti a quel tempo. Robert Boyle avviò il metodo scientifico che andò a dimostrare l’inutilità di certe ricerche alchemiche. Di fatto ciò che veniva svolta era una ricerca ed uno studio sulla materia ed in tale ambito non vi era possibilità concreta di ritrovare manifestazioni dello spirito. Si andò dunque diffondendo l’ipotesi della non esistenza dello spirito basata su studi limitati alla materia (dove per definizione lo spirito non si manifesta). Mentre quindi il metodo scientifico faceva la sua strada nelle corti e tra gli uomini di cultura, l’alchimia continuò a mantenere il suo interesse tra il popolo, durante questo periodo furono molti i soggetti che si professavano alchimisti facendo riferimento ai grandi saggi ma furono pochi quelli veramente eruditi e molti gli imbroglioni. Questo comportò una drastica discesa della credibilità dell’alchimia. Recentemente nel XX secolo alcuni studiosi tra cui Carl Gustav Jung, Julius Evola, Kremmerz ripresero gli studi alchemici riportando la pratica in luce. Infine, le nuove discipline olistiche, ricongiungono di fatto le metodologie e le visioni di quell’epoca, con i dovuti aggiornamenti e perfezionamenti.
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